Riflessioni, sessant’anni dopo

La storia del processo di integrazione europea non é lineare; il percorso che ha portato l’UE alle soglie del ruolo di potenza mondiale, da piccola Comunità a 6, è stato accidentato: ha conosciuto momenti di accelerazione e fasi di stagnazione.
Quest’anno si celebrano i 60 anni della Dichiarazione Schuman e da quel 9 maggio ad oggi, sono state compiute notevoli “realizzazioni di fatto” che hanno progressivamente cambiato il volto del vecchio continente e l’identità dei suoi cittadini. Certo, siamo lontani dalla nascita degli “Stati Uniti d’Europa” e questo sembra essere argomento sufficiente per stroncare ogni riflessione positiva sul processo di integrazione.  Ma se il metro di giudizio non fossero le aspettative deluse, piuttosto i traguardi raggiunti? Se le “solidarietà di fatto” contassero più di quelle ipotetiche? Jean Monnet non ha mai abbandonato il sogno di replicare in Europa il modello costituente americano; né ha mai rinnegato quest’aspirazione di fondo. Ma ha saputo scindere il sogno dalle inderogabili necessità del presente. Ha saputo individuare strade percorribili a fronte di sentieri affascinanti ma impraticabili. Ha mantenuto alto l’obiettivo, lo ha mantenuto integro, ma ha saputo leggere l’attualità e si è impegnato a trovare soluzioni ad hoc. Questa è la grande eredità lasciataci dai padri fondatori e su questa vittoriosa unione di “utopia e pragmatismo” dovremmo forse riflettere oggi, noi cittadini d’Europa, che godiamo dei privilegi di esserlo ma siamo portatori di lamentele vecchie e critiche troppo spesso sterili. Ci mancano visioni e programmi e, come ci insegnano i padri fondatori, è nel vuoto di idee, nella carenza di fiducia e nella debolezza dei mezzi che risiedono le minacce maggiori.
Le frasi conclusive del discorso del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in occasione del conferimento della Laurea Honoris Causa dell’Università Complutense di Madrid sono emblematiche. Vorrei riportarle, perché, al di là di sterili polemiche, possiamo tutti fermarci a riflettere e, chissà, magari contribuire a creare un nuovo clima di fiducia, fondamentale per costruire il futuro di tutti.
“Nessun singolo Stato membro dell'Unione può con le sue sole forze rispondere a questa domanda di Europa e a questi imperativi del mondo d'oggi: lo può fare l'Unione nel suo insieme, ricercando in se stessa la massima unità di posizioni e sinergia di sforzi. Lo può fare senza mettere in forse la
sua storica alleanza con gli Stati Uniti d'America e i suoi legami transatlantici, ma dandosi un più netto profilo e acquistando un suo distinto spazio di movimento. Se l'Unione non si risolve ad assumere questo ruolo, essa è condannata a subire sviluppi e mutazioni negli equilibri mondiali che possono colpire l'Europa nelle sue stesse dinamiche di crescita e di progresso. Tutti dovrebbero ormai comprenderlo. E a tutti l'esperienza sta di fatto insegnando che se si rinuncia a operare come soggetto unitario, capace di condurre un'azione comune, dotandosi dei mezzi necessari, si finisce per restare inerti o accodati ad altri dinanzi a minacce che non conoscono frontiere (e che non occorre enumerare, essendo ormai sotto gli occhi di tutti). Ebbene, c'è purtroppo da constatare come sia nelle classi dirigenti nazionali sia nell'opinione pubblica alla percezione, almeno apparente, delle nuove responsabilità dell'Europa nel mondo, al riconoscimento della necessità davvero innegabile di far valere il peso dell'Europa unita, si accompagnino sostanziali scetticismi sulle possibilità di un'effettiva funzione e azione dell'Unione come attore globale, capace di contribuire alla promozione di un più pacifico, giusto ed equilibrato ordine mondiale.  E quegli scetticismi fanno tutt'uno con residue illusioni circa le possibilità di protagonismo, sul piano internazionale, dei maggiori Stati membri; fanno tutt' uno con la riluttanza ad attribuire poteri adeguati e maggiori risorse alle istituzioni dell'Unione. Al punto che c'è da temere un oscuramento dello stesso equilibrio fondativo dell'"invenzione comunitaria", dello stesso impegno a portare avanti, verso traguardi più ambiziosi, quel processo di integrazione che ha distinto fin dall'inizio la costruzione europea rispetto a ogni tradizionale alleanza tra Stati sovrani.
Si sprigioneranno nel più vicino futuro energie sufficienti per dissipare un simile timore? Non c'è da abbandonarsi al pessimismo. Suscitare tra i cittadini un rinnovato e più largo consenso attorno all'impresa avviata oltre cinquant'anni fa è senz'altro possibile. Innanzitutto se ci si impegnerà a porne in piena luce gli straordinari risultati che appaiono largamente sottovalutati e addirittura rimossi, mentre trovano spazio i giudizi più critici o liquidatori diffusi dalle correnti euroscettiche.
Nello stesso tempo è indispensabile cogliere l'occasione del Trattato costituzionale, che era stato concepito anche per consentire una più ampia conoscenza e partecipazione da parte dei cittadini, sulla base di un'aggiornata rappresentazione d'insieme del modo di essere dell'Unione europea.
E infine, si può ritrovare e conquistare consenso arricchendo le motivazioni originarie della creazione delle Comunità col senso di un'ancora più alta missione da adempiere in un mondo già in via di profonda trasformazione.
Forti sono le antiche radici dell'unità europea; non meno forti sono le sue nuove ragioni.”

Per quanto riguarda i contenuti di questa undicesima edizione dell’Agenda europea, essa contiene, come sempre, notizie che riguardano l’Unione europea ed i suoi membri. Ospita, nelle pagine iniziali, una sintetica descrizione delle istituzioni comunitarie e, in quelle finali, una breve cronologia, una lista di siti utili per “navigare” in Europa e una piccola bibliografia di riferimento. Oltre ai 60 anni dalla dichiarazione Schuman, altri importanti anniversari dell’anno sono i dieci anni della proclamazione della Carta dei Diritti Fondamentali. Il 2010 è inoltre l’anno in cui avrebbero dovuto essere conseguiti gli obiettivi della Strategia di Lisbona: quali erano, quali sono stati i risultati. Altri argomenti: come è cambiato il Parlamento europeo dopo le elezioni del 2009 ed alcune importanti priorità strategiche dell’Ue: il cambiamento climatico, il multilinguismo, i media e la lotta alla povertà e per l’inclusione sociale. Non manca il consueto appuntamento con le curiosità: un mese di ricette dai 27 paesi dell’Unione.
Le notizie sparse nei mesi sono state elaborate, con la supervisione del Comitato Scientifico del Punto Europa, da Alessandra Bitumi, Fabio Casini, Gabriele Castelli, Francesca Fauri, JoanaFresu de Azevedo, Fiorella Giorgiani, Giuliana Laschi, Patrick Leech, Renata Lizzi, Valentina Merlo, Laura Scichilone.
Contenuti:

  • gennaio- febbraio: Il nuovo Parlamento europeo
  • marzo: L’Unione europea e il cambiamento climatico
  • aprile: Il multilinguismo: uno strumento per la comprensione reciproca
  • maggio: La dichiarazione Schuman: il valore di “realizzazioni di fatto”
  • giugno-luglio: Un bilancio della Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione europea a dieci anni dalla sua proclamazione
  • agosto: L’Unione europea e gli audiovisivi: da Giochi senza frontiere a Euronews
  • settembre: A dieci anni dalla Strategia di Lisbona
  • ottobre: Anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale
  • novembre: Storia della lotta alla povertà in Europa
  • dicembre: Ricette dall’Europa

Fra i mesi sono inoltre inserite alcune pagine di "notizie in breve" riguardanti organismi ed enti locali quali: Università degli studi di Bologna - sede di Forlì – Facoltà; Università degli studi di Bologna - sede di Forlì – servizi collegati e centri di ricerca; Comune di Forlì, attività europee; Provincia di Forlì-Cesena, attività europee.






Per ulteriori informazioni: | Padiglione Melandri - Piazzale Solieri, 1 - 47121 Forlì | Tel.: +39 0543 374807 | Fax: +39 0543 374801 | E-mail: |
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