Allarme Downing Street, con la Brexit 10 anni di incertezza Guardian rivela rapporto. Presidente ceco, ok a referendum
01/03/2016 - BRUXELLES - "Un decennio di incertezza", che colpirebbe pesantemente i servizi finanziari, l'industria, l'agricoltura e le vite personale dei sudditi britannici, inclusi i due milioni che vivono all'estero e che rischierebbero di non avere più diritto al lavoro, nonché accesso ai sistemi sanitari e pensionistici, nei paesi della Ue. E' la prima analisi ufficiale di Downing Street sui possibili effetti di un voto favorevole alla 'Brexit' nel referendum del 23 giugno. Il documento, preparato da gabinetto del primo ministro, è stato anticipato dal Guardian.

Gli esperti del 'Cabinet Office' sostengono che il processo di uscita del Regno Unito dall' Unione europea non può concludersi nei due anni previsti dal Trattato. "Un voto a favore dell'uscita sarebbe l'inizio e non la fine del processo, che potrebbe portare ad un decennio ed oltre di incertezza", che si rifletterebbe negativamente su "mercati finanziari, investimenti e valore della sterlina". I dieci anni di cui parla il rapporto sarebbero il tempo necessario per uscire dalla ue e contemporaneamente rinegoziare accordi bilaterali (commerciali ma non solo) tanto con gli altri 27 membri quanto con gli Stati Uniti ed almeno un'altra ventina di paesi.

Insomma, un rischio di catastrofe. In perfetta linea con lo scenario annunciato dallo stesso premier David Cameron subito dopo la conclusione dell'accordo con la Ue al termine del vertice-maratona di dieci giorni fa. Il rapporto però non impressiona l'ala euroscettica dei Conservatori, che ha già accusato il governo di aver lanciato il 'Progetto Paura' e - al contrario - sostiene che il vero rischio per la Gran Bretagna è quello di restare nel club a 12 stelle.

Intanto si affaccia, puntualmente, l'effetto-domino. Il presidente della Repubblica Ceca, Milos Zeman, si è detto favorevole a un eventuale referendum per l'uscita del paese dalla Ue. Pur dichiarandosi favorevole alla permanenza, Zeman ne ha fatto una questione di principio e di equilibri di politica interna: "Sono dalla parte di chi è contrario ad un'uscita dlla Ue, ma sono anche avversario di chi vuole impedire ai cittadini la possibilità di votare sulla questione" ha affermato, con chiaro riferimento al premier Bohuslav Sobotka che invece ha escluso l'ipotesi di referendum. D'altronde nel vertice i due settimane fa è apparso evidente che Cameron in realtà non aveva altra scelta che accettare le (limitate) concessioni concordate con gli altri 27. Ed ora il premier appare costretto a fare campagna a favore del 'sì' nel referendum anti-Ue da lui stesso lanciato per vincere le elezioni nel 2014 cavalcando l'onda euroscettica,

Per il direttore generale di 'Vote Leave', Matthew Elliot, "la gente non sarà impressionata dall'incessante campagna di paura di Cameron". Ma la premier scozzese Nicola Sturgeon è tornata a ribadire che - in caso di vittoria del 'no', ma con maggioranza del 'sì' in Scozia - Edimburgo organizzerebbe immediatamente un nuovo raferendum per separarsi da Londra. E David Cameron, come dice un diplomatico europeo, "passerebbe alla storia per aver distrutto il Regno Unito".
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