Il miracolo di Dublino alla prova del voto
26/02/2016 - DUBLINO - Lo slogan campeggia quasi a ogni angolo di strada, sui manifesti elettorali appesi ai lampioni di Dublino: «Continuate a sostenere la ripresa». A scandirlo il volto fiducioso del primo ministro uscente, Enda Kenny, che sulla brillante ripresa dell’Irlanda punta per ottenere un secondo mandato dagli elettori, chiamati oggi alle urne. Sarebbe il primo leader riconfermato di un Paese uscito da una pesante crisi, quella che costrinse l’Irlanda nel 2010 a chiedere un prestito internazionale da 67,5 miliardi e a varare poi un doloroso piano di austerity sotto la vigilanza della troika. Non sarà però semplice, anche se i dati macroeconomici stanno dalla parte del premier.

Lo conferma Fergal O’Brien, capo economista dell’Ibec, la principale associazione imprenditoriale del Paese: «Nel 2011 eravamo in piena crisi, con gravi difficoltà di bilancio e disoccupazione alle stelle. In 5 anni il deficit è stato quasi azzerato, il fardello del debito si è alleggerito in modo significativo e in tanti sono tornati al lavoro: 140mila posti in più in 4 anni e disoccupazione sotto il 9% (da un tasso del 14,5). Abbiamo la grande opportunità di consolidare la ripresa e farne avvertire i benefici a più persone». In vista dell’appuntamento elettorale l’Ibec ha elaborato un manifesto che racchiude le aspettative del mondo del business: «La parola d’ordine – spiega ancora O’Brien – è ambizione: dare al Paese prospettive per i prossimi 5,10, 20 anni. La popolazione cresce, molti che erano andati all’estero stanno tornando; abbiamo dunque bisogno di investimenti: più case, più scuole, migliori infrastrutture e servizi pubblici. E di una tassazione che resti favorevole, affinché l’Irlanda rimanga un competitor globale, in grado di attrarre investimenti e talenti». Secondo O’Brien, il margine di manovra per entrare nella fase due della ripresa esiste, senza deviare dal percorso di risanamento: basta investire nei settori giusti.

L’economia – con le emergenze sociali collegate: la carenza di abitazioni, la sanità, l’assistenza ai bambini, i trasporti - è destinata a giocare un ruolo di primo piano anche per Aidan Regan, docente di Economia politica europea all’University College di Dublino, che però dà una chiave di lettura meno rassicurante per il governo uscente. «Il voto sarà influenzato dal fatto che gli elettori abbiano goduto o meno dei benefici della ripresa», spiega. «I titoli dei giornali sottolineano una crescita del Pil del 7%, ma questo dato è distorto dall’ampia presenza di multinazionali. I redditi più alti, i professionisti più qualificati sosterranno il governo, ma le ampie fasce di popolazione colpite dall’austerity – i più poveri, gli operai, quanti dipendono dal welfare e dai servizi sociali (pesantemente colpiti dai tagli, ndr) – non sentono la ripresa. E il loro sarà un voto di protesta: per il Sinn Fein o altri movimenti più radicali; un voto che penalizzerà in particolare i laburisti, partner di maggioranza del Fine Gael, il partito di centrodestra del premier, perché in loro molti confidavano per arginare le politiche di austerity invece implementate dall’esecutivo».

Stando agli ultimi sondaggi, è da escludere un bis dell’attuale coalizione di governo, che richiederebbe circa il 45% dei voti in base al complesso sistema elettorale irlandese. Il Fine Gael di Kenny è accreditato del 28-29% (in calo dal 36,1% del 2011, ma comunque primo partito), ma i laburisti crollano dal 19,5 al 6,6 per cento. Terzo posto (con il 21%) per il Fianna Fail, storico partito centrista di governo spazzato via dalla crisi, quarto il Sinn Fein (17%), erede del braccio politico dell’Ira che si è fatto alfiere della protesta anti-austerity ma che molti ancora guardano con sospetto. Il rischio di uno stallo simile a quello della Spagna (e di successive, nuove elezioni) esiste, a meno che non si materializzi una coalizione inedita, non tanto per le differenze politiche ma per una rivalità storica, tra Fine Gael e Fianna Fail. Non la esclude (e forse la auspica) l’Ibec, che teme l’instabilità: «I due partiti per ora scartano l’ipotesi, ma dopo le elezioni le cose potrebbero cambiare», fa notare Fergal O’Brien. Più scettico Aidan Regan, che giudica meno improbabile una «coalizione arcobaleno» con Fine Gael, laburisti, socialdemocratici e altri partiti minori, con tutti i rischi di stabilità che un governo multipartitico di questo tipo comporterebbe.

Le urne diranno oggi quale Irlanda peserà di più: quella benestante dei locali pieni che animano i Docklands o quella ancora povera ed emarginata delle zone rurali e dei sobborghi della capitale.
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