Renzi-Merkel: la Cancelliera si gioca tutto sui profughi
01/02/2016 - BERLINO - L'attuale isolamento della cancelliera Merkel sulle politiche migratorie in queste settimane, il crescente malumore dei cittadini tedeschi per i quali si profilano tagli nei servizi per finanziare l'accoglienza dei profughi, il voltafaccia su Schengen di molti Paesi dell'Est, Polonia in testa, richiamano alla mente un altro passaggio critico della recente vita politica tedesca. Nel dicembre '89, davanti ad un camino acceso, il cancelliere Helmut Kohl, con le lacrime agli occhi, implorò quasi il presidente francese François Mitterand, presidente di turno del Consiglio europeo, di accelerare al massimo i tempi della riunificazione dopo la caduta del muro. Alla fine Kohl vinse quella sfida dimostrando che il motore dell'integrazione europea restava franco-tedesco ma dovette cedere sulla sovranità della moneta e “annacquare” il forte “marco” nella nuova moneta europea.

Come Kohl nell'89, ventisei anni dopo anche Angela Merkel si gioca il suo futuro politico sulla crisi dei migranti. Una crisi che, fino al giugno scorso lei stessa aveva forse sottovalutato pensando (sperando?) che si trattasse solo di una questione delegabile all'Italia che era riuscita, fino ad allora, a salvare migranti in pericolo di vita e contenere il fenomeno con Mare Nostrum. L'instabilità della sponda Sud, la guerra in Siria, le infiltrazioni dell'Isis in Libia hanno accentuato il fenomeno e spostato i flussi dei migranti verso Est, la rotta balcanica attraverso la Turchia e la Grecia. E proprio la Turchia si trova esposta a una pressione enorme da parte di siriani tanto che su richiesta tedesca nel novembre scorso la Commissione Ue ha varato una “facility” di 3 miliardi di euro destinati a contenere il fenomeno.

Il 4 febbraio a Londra i Paesi occidentali si riuniranno per concordare nuovi aiuti alla Siria e soprattutto alle famiglie dei profughi. A quell'incontro Matteo Renzi aveva deciso di non partecipare ma ieri, per almeno due volte nella conferenza stampa finale, la cancelliera Merkel ha dato per scontata la presenza a Londra del premier italiano.

Renzi sugli aiuti alla Turchia era stato molto critico nelle ultime settimane sostenendo che si trattava in realtà di aiuti dati indirettamente alla Germania e quindi anche l'Italia avrebbe chiesto di ottenere una clausola di flessibilità sui migranti per scomputare dal Patto di stabilità i 2 miliardi ed oltre spesi dal nostro Paese per le operazioni navali nel canale di Sicilia. Ma ieri a Berlino Renzi deve avere capito il punto politico della questione.

Aiutare oggi la Germania sui profughi, la protezione delle frontiere esterne, i rimpatri e soprattutto la “facility” vuol dire poter contare a marzo sull'aiuto tedesco a Bruxelles per l'esame della Legge di stabilità e il negoziato sulle clausole di flessibilità per circa 6 milairdi di euro. Anche se la cancelliera è stata molto riservata sul punto («ognuno ha le sue intepretazioni sulla flessibilità e comunque spetta alla Commissione decidere») Renzi deve avere capito che non poteva lasciare troppi fronti aperti con la Germania e che il primo passo spettava a lui. E lo ha fatto. E infatti ha chiarito: «Non abbiamo nessun problema né con la Turchia né con la Germania: l'Italia ha già detto si' al contributo il 29 novembre, non abbiamo cambiato idea, stiamo aspettando solo che gli amici della Commissione e dell'Ue rispondano ad alcune questioni che io giudico di dettaglio e che spero possano essere chiarite presto, mi piacerebbe prima della Conferenza di Londra sulla Siria».

In altre parole Renzi chiede certezza sul fatto che i 231 milioni di euro di contributo italiano siano esclusi dal Patto di stabilità prima del 4 febbraio. Ma Renzi non ha poi risparmiato una frecciata alla Commissione: «Sono molto impegnati ma hanno sempre delle occasioni di fare conferenze stampa o dialogare con i giornalisti quindi avranno sicuramente il tempo di affrontare questo problema».

Sulla flessibilità Renzi ammette che con la Merkel restano delle differenze dovute anche all'appartenenza a due famiglie politiche diverse ma precisa: «Non chiediamo di cambiare regole ma di applicarle; il punto di riferimento resta comunicazione della commissione del 13 gennaio 2015 sulla flessibilità che è in linea con l'intesa che ha portato alla presidenza di Jean-Claude Juncker. Io non ho cambiato idea, spero che non l'abbia cambiata lui». Deve però essere chiaro, ricorda il premier che «in due anni l'Italia ha messo mano a riforme attese da venti anni senza violare i parametri di Maastricht e in una fase di recessione ma adesso le riforme sono fatte e Italia può avere davanti il segno più. Nessuno ha dubbi che il debito italiano debba scendere anche se c'è grande risparmio privato ma deve farlo perché ce lo chiedono i nostri figli non l'Europa».
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