I mercati oggi aspettano le parole di Draghi
21/01/2016 - Le turbolenze scoppiate sui mercati finanziari, il nuovo crollo del prezzo del petrolio e le incertezze sulle prospettive dell'economia cinese sono le ultime variabili arrivate a complicare un quadro già complesso per la Bce. Il cui consiglio direttivo si riunisce oggi, ma difficilmente prenderà qualche decisione dopo quelle già adottate a dicembre e su cui i governatori si sono divisi.

Toccherà, come spesso è accaduto, al presidente Mario Draghi fornire in conferenza stampa una sintesi che ribadisca la volontà e la capacità delle banca di realizzare nuovi interventi se sarà necessario per raggiungere l'obiettivo, che appare sempre più lontano, di riportare l'inflazione verso il 2% (dall'attuale 0,2%), ma anche che eviti di gonfiare troppo le aspettative dei mercati, come era avvenuto prima della riunione di dicembre. La delusione degli operatori e degli investitori per un pacchetto di misure meno “pesante” del previsto ha prodotto un contraccolpo, soprattutto sull'euro, ma anche sulla percezione dell'affidabilità delle promesse di Draghi, che continua a farsi sentire.
Il quadro che i sei membri del comitato esecutivo e i 19 governatori delle banche centrali discuteranno oggi è reso di più difficile interpretazione a causa anzi tutto delle turbolenze di mercato. Queste riguardano tra l'altro, in prima battuta, le banche dell'eurozona, che da un anno a questa parte ricadono sotto la vigilanza della Bce. Inoltre, il prezzo del petrolio continua a scendere: le previsioni avanzate dalla Bce a dicembre erano basate su una media di 52 dollari al barile per il 2016, mentre la quotazione è oggi sotto quota 30. I banchieri centrali vorranno esaminare se questo effetto si stia diffondendo al resto dell'economia. Il capo economista del Fondo monetario, Maurice Obstfeld, ha parlato apertamente questa settimana di «crescente evidenza di pressioni deflazionistiche» nell'eurozona. L'altra modifica dello scenario arriva dalla Cina, dove la frenata dell'economia si somma all'incertezza sulla risposta delle autorità di Pechino. D'altra parte, la ripresa nell'eurozona si sta consolidando e le condizioni del credito, come evidenziato dal sondaggio trimestrale pubblicato questa settimana, migliorano, segno che il programma di quantitative easing della Bce sta producendo i suoi effetti.

È probabile quindi che la Bce adotti una linea di attesa, anche per dar tempo ai ritocchi del programma, introdotti solo sei settimane fa, di agire. Oltre che per cercare di comporre almeno in parte le divisioni emerse a dicembre, dove un gruppo di consiglieri avrebbe voluto fare anche di più, qualcun altro era favorevole alle misure poi approvate (taglio di 10 punti base del tasso sui depositi, reinvestimento dei proventi del Qe, allungamento di sei mesi, al marzo 2017, del programma di acquisto di titoli), e un gruppetto di dissidenti invece preferiva lasciare le cose come stavano. Gli economisti di mercato sono divisi fra chi ritiene che la prima data possibile per una nuova azione di stimolo da parte della Bce sia marzo (quando le previsioni d'inflazione dello staff dovranno certamente essere ritoccate al ribasso, sia per l'1% di quest'anno, sia per l'1,6% del prossimo, e si vedrà che l'obiettivo si allontana, e quando il consiglio affronterà la revisione semestrale del Qe) oppure giugno. Le aspettative di inflazione e l'andamento del prezzo del petrolio giocheranno un ruolo chiave. All'ultima conferenza stampa, Draghi ha insistito però anche sull'osservazione della inflazione di base, depurata cioè degli elementi più instabili come prezzi dell'energia e degli alimentari. Sarà un altro elemento importante nelle valutazioni del consiglio, così come l'andamento del cambio, che rischia di risalire se non tenuto a freno quanto meno da una promessa credibile di futuri interventi.
Il resoconto della riunione di dicembre ha rivelato che il taglio del tasso sui depositi era la misura meno controversa: Draghi potrebbe approfittare della conferenza stampa almeno per ribadire una posizione già espressa da Yves Mersch, un consigliere abitualmente considerato un “falco”, secondo cui l'attuale -0,30% non è da considerarsi il limite minimo. Un'eventuale ulteriore estensione del Qe o un aumento degli acquisti mensili di titoli sono gli altri due strumenti che peraltro non dovrebbero esser messi sul tavolo del consiglio prima di marzo.
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