Danimarca, sconfitta la Thorning-Schmidt, vince il centrodestra di Rasmussen. Xenofobi al 21%
18/06/2015 - Le opposizioni danesi hanno vinto le elezioni politiche. Il centrodestra di Lars Lokke Rasmussen e del Partito del popolo ha conquistato la maggioranza relativa. Suoi sono 90 seggi nel parlamento mentre 85 sono andati al centrosinistra del primo ministro uscente Helle Thorning-Schmidt.


Thorning-Schmidt ha ammesso la sconfitta e affermato che si dimetterà dalla guida del partito socialdemocratico. In realtà la formazione di un governo risulta complicata. All'interno della coalizione di Rasmussen, infatti, i rapporti di forza sembrano giocare a favore del Partito del popolo (oltre il 21% dei voti), xenofobo, che per coerenza antipolitica potrebbe non entrare nel governo ma fare come tra il 2001 e il 2011, quando sostenne il governo dall'esterno. «Non abbiamo paura di far parte del governo se ciò ci consentirà di esercitare grande influenza politica», ha spiegato il capo Kristian Thulesen Dahl, ma «non è sicuro che ci faranno determinate concessioni».

Il governo uscente non ha recuperato lo svantaggio, neppure adottando una posizione più intransigente sul tema delle quote di redistribuzione degli immigrati, molto caldo anche nel resto d'Europa. Copenaghen ha ristretto le maglie del suo sistema di accoglienza, facendo appello alla clausola di esclusione, che come Irlanda e Gran Bretagna la tiene fuori da obblighi relativi al ricollocamento.

Compiendo questo passo il governo della Thorning-Schmidt pensava di poter riuscire a spuntare le armi degli avversari. Davanti al seggio nel quale si apprestava a votare, Rasmussen ha dichiarato: «Voglio una Danimarca aperta, ma anche una Danimarca che possa chiudersi con efficacia alle persone indesiderate».

La premier bionda, griffata, sicura al punto da aver fatto ingelosire Michelle Obama perché ai funerali di Mandela era intenta a fare selfie con Barack, è stata capace di traghettare fuori dalla crisi mondiale il suo paese e con il suo governo ha fatto registrare sette mesi consecutivi di crescita e nei primi tre mesi dell'anno un +1,7% del Pil su base annua. Gli elettori evidentemente non se la sono sentita di bocciarla completamente, ma questo non è bastato a mantenere la leadership nel Paese.
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