«La crisi ci ha costretto a cambiare: il Portogallo è rinato più forte di prima»
17/04/2015 - Paulo Portas, è il vicepremier del governo portoghese ed è anche il leader del Partito popolare, il più a destra nella coalizione che sostiene il governo conservatore di Lisbona. Ma è soprattutto «un vero democristiano», dice in italiano mentre cammina tra gli stand delle aziende portoghesi arrivate al Salone del Mobile di Milano.
Stringe mani, sorride. Una foto e una buona parola per tutti. Non a caso lo chiamano Paulo de as feira, l'uomo del mercato, vicino alla gente. «La rinascita del Portogallo dopo la crisi pesantissima che abbiamo vissuto? Il nostro Paese - dice - è riuscito a cambiare, a rinnovarsi nella crisi, a fare riforme profonde. E poi, siamo stati di parola: dopo il bailout del 2011 i portoghesi, non solo il governo, si sono impegnati per rispettare gli accordi presi con la comunità internazionale, per rimettere sotto controllo i conti pubblici. Non è stato per niente facile ma ce l'abbiamo fatta: appena abbiamo potuto siamo usciti dal programma di aiuti previsto dal salvataggio internazionale. Senza chiedere altri supporti finanziari, con una saida limpa, un'uscita pulita. Questo ci ha permesso di riconquistare credibilità sui mercati e di ricominciare a guardare avanti». Giurista, giornalista, 52 anni, politico tanto intelligente quanto scaltro, Portas, guarda con «realismo» alle elezioni politiche che si terranno in autunno: «Il miglioramento dell'economia è evidente - spiega ma la gente ha sofferto molto, sono stati anni difficili. Vedremo». E intanto cerca di smarcarsi dagli alleati di governo, quei socialdemocratici conservatori del premier Pedro Passos Coelho, troppo compromessi, nel sentire comune, con le dure misure di austerity introdotte negli ultimi quattro anni.
Come ha fatto il Portogallo a riprendersi dopo aver rischiato il default nel 2011?
Tutto il Paese ha compiuto un enorme sforzo per raggiungere un risultato che non era per nulla scontato e anche nei momenti più difficili l'intera società portoghese non ha mai perso lo spirito di unità nazionale. Credo inoltre che il nostro governo si sia mosso con coerenza: dopo il bailout da 78 miliardi di euro, abbiamo rimediato ai nostri errori dimostrando di essere un Paese affidabile. La riforma del mercato del lavoro, la riduzione delle tasse, le liberalizzazioni in molti settori, sono state determinanti. Assieme al rigore di bilancio: dal 2010 il deficit è sceso da oltre l'11% al 3% che contiamo di raggiungere alla fine di quest'anno per uscire il prima possibile dalla procedura di infrazione comunitaria.
Come valuta oggi la linea del rigore che vi è stata imposta da Bruxelles?
Non avevamo alternative. Certo avrei preferito che le riforme fossero fatte per nostra iniziativa senza imposizioni. È inutile nascondere che il bailout e la successiva presenza della troika sono stati vessatori per il nostro Paese. Ma la nostra storia è totalmente diversa da quella della Grecia e anche le tensioni di questi ultimi mesi che si registrano ad Atene non ci preoccupano. Guardiamo avanti, con più forza di prima.
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