13/03/2015 -
Il nuovo governo euroscettico islandese, in carica dal 2013, ha mantenuto la sua promessa di interrompere il processo di adesione all'Unione Europea.
Il ministro degli esteri islandese Gunnar Bragi Sveinsson ha informato il corrente presidente lettone dell'Unione Europea e la Commissione Europea della propria decisione. Il governo di Reykjavík non ha dato spiegazioni a riguardo.
Appare molto probabile che due delle possibili spiegazioni dell'accaduto concernano sia le quote di pesca, fattore cruciale per l'economia islandese, e sia la paura che un avvicinamento progressivo all'UE potesse portare ad un accesso "troppo invadente" da parte degli altri paesi membri alle acque territoriali islandesi, ricche di pesce.
Secondo alcune stime, il supporto popolare degli abitanti dell'isola è calato nel corso degli ultimi tempi e questo ha portato a uno scarso interesse politico di appartenenza all'UE del paese, specialmente dopo la banca rotta del 2008.
L'Islanda continua comunque a rimanere sia nella Area Economica Europea, che permette il libero movimento di persone, bene, servizi e capitali tre i tre paesi dell'EFTA, Islanda, Liechtenstein e Norvegia e tutti e 28 gli stati, sia nell'area di Schengen.
L'Islanda partecipa a molte delle decisioni prese nell'ambito del mercato singolo e contribuisce finanziariamente alla coesione economica e sociale dell'Unione Europea. Un numero significato di leggi del diritto comunitario è applicato in Islanda oggi. Reykjavík partecipa inoltre, ma senza diritto di voto, a una vasta rete di agenzie e programmi, coprendo area che includono l'impresa, l'ambiente, l'educazione e la ricerca.
Lo stato islandese ha fatto parte dell'EFTA dal 1970 e ha siglato un accordo bilatarele di libero commercio con la Comunità Economica Europea, Unione Europea dal 1992, già nel 1972. Due terzi del commercio estero islandese sono indirizzati verso gli stati dell'Unione, e questo dimostra il profondo grado di integrazione di questo paese con l'Unione Europea.