Rischio contagio? Più politico che finanziario
29/01/2015 - «I mercati guardano solo alla Bce, aspettando il via agli acquisti di titoli di Stato. La vicenda greca è solo rumore di fondo». «Gli investitori sono convinti che Atene troverà un compromesso con Bruxelles». Fino a due giorni fa bastava chiamare qualunque trader o economista per avere queste risposte: la vicenda greca resta isolata, dicevano tutti. Non può - se non con un po’ di volatilità - contagiare il resto d’Europa. Eppure, a guardare la giornata di ieri ma soprattutto la realtà dei fatti, viene da pensare che possa non essere proprio così. Del resto non si può pretendere che l’evoluzione della vicenda greca non produca effetti in un continente che è costruito come un sistema di vasi comunicanti. Il contagio (anche escludendo scenari estremi come l’uscita di Atene dall’euro che creerebbero un vero tsunami sui mercati) potrebbe dunque prima o poi farsi sentire: soprattutto in Spagna e Portogallo. Meno a rischio, per ora, l’Italia.

Ma andiamo con ordine. Il motivo per cui l’opinione prevalente è che la Grecia non possa influenzare il resto d’Europa è legato al fatto che siamo abituati a considerare la propagazione del contagio solo attraverso il canale finanziario. Tutti ricordano cosa accadde nelle precedenti crisi greche: gli spread salivano per tutti i Paesi periferici (è accaduto nel 2012) e le Borse crollavano. Oggi tutto questo non sta accadendo, se non per qualche minima turbolenza come ieri.

Il punto, però, è che i mercati finanziari oggi - rispetto al 2012 - sono anestetizzati dalla manovra varata giovedì scorso dalla Bce: questo li rende sempre meno sensibili ai rischi. «Il quantitative easing di Mario Draghi - spiega un trader - incentiva gli investitori a comprare titoli sempre più rischiosi. Questo favorisce gli acquisti di BTp italiani, di Bonos spagnoli o di obbligazioni aziendali». Rbs ha calcolato che quando la Bce inizierà ad acquistare titoli di Stato e altro tipo di bond, sul mercato si creerà un effetto scarsità: le nuove emissioni, insomma, non saranno in grado di compensare i 60 miliardi assorbiti mensilmente dalla Bce. Questo sostiene i mercati. E fa dimenticare la Grecia.

Ma se i mercati non reagiscono, non significa che il contagio dalla Grecia non possa in futuro materializzarsi attraverso altri canali. Il più evidente è quello politico. E il primo Paese che preoccupa,sotto questo punto di vista, è la Spagna: perché andrà alle elezioni a fine 2015 e perché i sondaggi danno in testa il partito di estrema sinistra Podemos. «Tra gli investitori questo sta diventando un tema sempre più importante - riferisce Luca Mezzomo, economista di Intesa Sanpaolo -. Se un tempo era l’Italia a creare incertezza politica, ora sta tornando a farlo la Spagna». Non è un caso che i titoli di Stato di Roma e Madrid si stiano riavvicinando: lo scorso ottobre i titoli italiani erano costretti ad offrire 0,41 punti percentuali in più per trovare acquirenti, mentre ora lo spread Italia-Spagna si è ridotto a 14. Sebbene il Paese iberico sia quello che cresce più di tutti in Europa (+1,3% nel 2014), l’Italia sta riducendo lo svantaggio sui titoli di Stato.

Ma il contagio potrebbe colpire anche altri. Se la Grecia riuscisse a spuntare condizioni più favorevoli sul debito, si chiede Alberto Gallo di Rbs, perché non dovrebbero chiedere altrettanto Portogallo e Irlanda? Soprattutto Lisbona, che ha una condizione economica simile a quella greca: ha basse prospettive di crescita e un debito molto elevato. Non solo quello pubblico (127,7% del Pil), ma anche quello delle famiglie (al 133% del reddito disponibile) e delle imprese (più della metà ha un debito netto 5 volte superiore all’Ebitda): il totale è pari al 500% del Pil. Il Paese ha annunciato il rimborso anticipato degli aiuti del Fondo monetario, ma se la Grecia ottenesse qualcosa Lisbona potrebbe forse chiedere altrettanto. Con tutte le incertezze e tutta la volatilità che questo comporta. Il contagio, insomma, non è escluso. Anche se i mercati, narcotizzati, per ora non ci pensano.
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