Impatto limitato del fattore Atene
27/01/2015 - Chi ha paura della Grecia? I mercati sembrano aver reagito con un’alzata di spalle all’affermazione di Syriza nelle elezioni che di domenica scorsa, dimostrando che gli scenari catastrofici dipinti da più parti appena un mese fa sono probabilmente una mera esagerazione. Da tempo, del resto, molti gestori predicavano calma cercando di dissuadere i risparmiatori dall’adozione di scelte avventate per un possibile effetto domino.

«Abbiamo sempre pensato che le elezioni greche avessero riflessi poco importanti sui mercati, che scontavano già un successo di Alexis Tsipras, il fatto che abbia preso più voti delle attese non cambia lo scenario: tutto si deciderà quest’estate quando si dovrà rinegoziare il debito, ma la volatilità sarà limitata agli asset ellenici», conferma Paolo Basilico, presidente e amministratore delegato di Kairos. «Ciò che in questo momento fa la differenza sul mercato - aggiunge - ed è cruciale per la composizione del portafoglio è altro: il crollo del prezzo del petrolio e il collasso dell’euro, che consideriamo fattori strutturali e che, insieme ai risparmi sul debito pubblico ottenibili a causa dei bassi tassi di interesse, possono aggiungere in media fra il 2 e il 2,5% al Pil europeo e qualcosa in più all’Italia».
Un impatto simile ha convinto Kairos a non cambiare significativamente nelle ultime settimane l’asset allocation di fine 2014: «I portafogli dei nostri clienti hanno un’esposizione sul dollaro del 20% circa, restano investiti al 40% in azioni, al 40% in bond e per l’ulteriore 20% in strategie alternative, anche se procederemo a risistemazioni privilegiando in Europa e in Italia aree o settori favoriti dal nuovo scenario costituito da euro e petrolio debole e tassi a zero», sottolinea Basilico. Tradotto in soldoni, per il piccolo risparmiatore significa che ancora non è arrivato il momento di sollevare il piede dall’acceleratore, almeno fino al prossimo check-up, che per Kairos avverrà in concomitanza con l’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve, atteso verso metà anno.

Parte del merito di aver disinnescato la «bomba greca» va ovviamente alla Bce di Mario Draghi, che con il suo annuncio del piano di riacquisti da oltre 1.100 miliardi di euro di giovedì scorso ha contribuito evidentemente a quietare quanti erano pronti a cavalcare di nuovo il tema di Atene fuori dall’euro. «I mercati hanno reagito in modo molto favorevole al Qe europeo, che ha sorpreso positivamente, guardando avanti però - avverte Marco Piersimoni, senior portfolio manager di Pictet Am - occorre ragionare sugli investimenti senza farsi prendere dall’euforia di breve periodo, perché la Bce non ha la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi dell’Europa».
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