Bce, consiglio diviso sul Quantitative easing. Un ruolo nuovo per le banche centrali nazionali?
20/01/2015 - FRANCOFORTE - Attorno al tavolo del consiglio direttivo della Banca centrale europea, il governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, e il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, sono seduti fianco a fianco. I posti sono infatti assegnati in ordine alfabetico, seguendo l'iniziale del cognome. Giovedì, quando la Bce deciderà sull'acquisto di titoli di Stato, l'avvio del cosiddetto Qe, per contrastare il rischio di deflazione, è improbabile che Visco e Weidmann si trovino dalla stessa parte.
Su una delle scelte più difficili per la Bce nella sua breve storia, il consiglio infatti è diviso. Il presidente, Mario Draghi, ha fatto di tutto per evitare di arrivare a questo punto, rinviando l'opzione Qe e scegliendo altre strade, proprio per evitare una spaccatura, soprattutto con la Germania, ma a questo punto una decisione appare inevitabile. Il consiglio non deve per forza decidere all'unanimità, ma una minoranza contraria troppo numerosa toglierebbe credibilità alla politica monetaria. Proprio per cercare di contenere il dissenso, è probabile che Draghi proponga che almeno in parte i rischi del Qe vengano assunti dalle banche centrali nazionali, contravvenendo alla prassi della politica monetaria e sollevando interrogativi sul fatto che questa continui a rimanere unitaria per l'eurozona.
Ma come si schiereranno i consiglieri della Bce al voto di giovedì? Anzitutto, va ricordato che, per la prima volta, alcuni di loro non avranno diritto di voto, ma solo di parola. Nel rispetto dei Trattati europei, infatti, quando il numero dei Paesi aderenti all'euro superasse i 18 (e questo è avvenuto il 1° gennaio con l'ingresso della Lituania), avrebbe dovuto essere introdotto uno schema di rotazione. Questo prevede che ogni volta uno dei 5 “grandi” (Germania, Francia, Italia, Spagna e Olanda) e tre degli 11 “piccoli” venga privato del diritto di voto. I membri del comitato esecutivo, i 6 banchieri centrali basati a Francoforte, votano sempre. A gennaio gli esclusi sono il governatore della Banca di Spagna e quelli di Estonia, Grecia e Irlanda. Il governatore estone, Arno Hansson, ha più volte ripetuto la sua opposizione al Qe, gli altri tre avrebbero probabilmente votato a favore. I votanti sono quindi 21.
Lo stesso comitato esecutivo non è unanime. Sicuramente sulla linea di Draghi ci sono il vicepresidente Vitor Constancio, il capo economista Peter Praet, il “ministro degli Esteri” Benoit Coeuré. La tedesca Sabine Lautenschlaeger, ex vicepresidente della Bundesbank, si è detta sempre contraria al Qe se non in un caso estremo, e il lussemburghese Yves Mersch è anche lui fra gli scettici, anche se non è del tutto certo che alla fine voti contro.
Fra i governatori delle banche centrali nazionali, la linea dura è guidata ovviamente da Weidmann.Suo tradizionale alleato è il governatore olandese Klaas Knot, che però potrebbe essere convinto dallo spostamento del rischio del Qe sui singoli Paesi, e non a carico della Bce. Gli altri possibili “falchi” sono i governatori del Lussemburgo, della Lettonia, della Lituania e della Slovacchia. E' su questi ultimi che agirà il tentativo di persuasione di Draghi, dato che, se tutti votassero contro, una minoranza di 8 oppositori (contro 13 favorevoli) rappresenterebbe un danno di credibilità notevole.
Visco può essere considerato il capofila dei sostenitori del Qe. Nei giorni scorsi ha detto anche di ritenere che dovrebbe essere fatto seguendo le regole abituali della politica monetaria, quindi con la condivisione del rischio. Due governatori che spesso vengono annoverati, non del tutto a ragione, fra i “falchi”, l'austriaco Ewald Nowotny e il finlandese Erkki Liikanen, si schiereranno probabilmente a favore. Nowotny lo ha in pratica dichiarato apertamente in un recente intervento. Il governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, che in passato ha fatto qualche distinguo sulle scelte della Bce, dovrebbe a sua volta essere per il sì.
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