Renzi a Milano con Jobs act per giocare partita in Ue Cerca di convincere Merkel su crescita e punta su passi avanti
08/10/2014 - ROMA - Abbiamo fatto, stiamo facendo, continueremo a fare la nostra parte. L'Europa deve fare la propria. E' il cuore del messaggio che Matteo Renzi porta oggi a Milano ai partner europei. Determinato ad arrivare al tavolo della conferenza sul lavoro, organizzata da presidente di turno dell'Ue, avendo già in tasca il voto di fiducia del Senato sul Jobs act. A una settimana dallo scontro sullo sforamento del 3% della Francia, proprio a Milano si incontrano oggi Francois Hollande e Angela Merkel. Con loro Renzi dovrebbe tenere, al contrario di quanto ipotizzavano alcune ricostruzioni della vigilia, una conferenza stampa al termine del vertice, insieme a Josè Manuel Barroso, Herman Van Rompuy e Martin Schulz.

Nella 'contesa' tra Francia e Germania il premier italiano ha preso con nettezza le parti del governo guidato da Manuel Valls, con cui ha costruito una solida alleanza 'socialista' per la crescita e contro il rigore in Ue. Ma l'incontro e la conferenza stampa congiunta sono l'occasione per il presidente del Consiglio per rinnovare il canale di dialogo con la Merkel, tenuto sempre aperto dalla salita al governo, e cercare i margini politici per un'operazione che conquisti spazio alla linea italo-francese. E' quello il fronte, spiegano fonti italiane, su cui il premier vuole agire in prima battuta, lasciando ai tecnici e agli euroburocrati la definizione dei dettagli, ma senza consentire che dettino le regole della difficilissima partita, com'è avvenuto in passato.

"Vediamo di individuare un ulteriore passo in avanti da fare come Unione europea" su crescita e lavoro, ha detto Renzi in vista dell'appuntamento. La conferenza è in realtà tutta centrata sul lavoro, con un focus sulla 'garanzia giovani'. Ma il leader italiano lo dice chiaro e tondo che non si può discutere a comparti stagni, rinviando al Consiglio europeo del 22 e 23 ottobre il tema della crescita. Perché "non c'è crescita senza occupazione, non c'è occupazione se non torna la crescita". Per risalire la china del "milione di posti lavoro" persi con la crisi, si deve anche poter utilizzare gli "strumenti di finanza per la crescita (finance for growth)" studiati dal ministro Pier Carlo Padoan, afferma. Di sicuro occorrono investimenti, non bastano le riforme, dovrebbe ribadire domani, chiamando in causa l'assente Jean Claude Juncker. Da lui rivendica di aver ottenuto ("Dicendo 'o fai così o non ti votiamo') l'impegno a un piano da 300 mld.

Ma resta ancora da definire da dove arriveranno le risorse. A rendere solido il discorso del premier italiano e fare da perno al suo ragionamento, ci sarà dunque il Jobs act. Per questo il premier ha imposto una stretta finale al Senato con maxiemendamento e fiducia: mentre è a Milano vuole che la riforma si concretizzi con il voto di Palazzo Madama. Dal governo ostentano tranquillità, anche sulla tenuta del Pd, ma l'indicazione a sottosegretari e vertici dei gruppi parlamentari è di tenere domani gli occhi ben aperti per evitare brutte sorprese. Anche perché alla vigilia la mancanza a ripetizione del numero legale in Aula è un'avvisaglia non positiva, così come - si paventa in ambienti della maggioranza - il ritardo nella bollinatura dell'emendamento da parte della Ragioneria dello Stato. "Non temo agguati, ove vi fossero li affronteremo", taglia corto Renzi. E aggiunge, quasi con un tono di sfida ai partner europei: "il posizionamento" con cui l'Italia si presenterà al loro cospetto domani "è straordinario per il programma di riforme strutturali, il più ambizioso che il nostro Paese abbia mai avuto e tra i più ambiziosi anche in Ue, per complessità e velocità".
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