L’incontro finto con Putin e altri guai L’addio del «Mr. Ema» olandese
15/02/2018 - Si apre la partita per il nuovo bilancio dell’Unione, quello del post Brexit che coprirà il periodo 2020-2027. E l’Italia rischia grosso, fino a una perdita di 50 miliardi in sette anni. I motivi sono due. Primo, con l’addio del Regno Unito all’Unione verranno a mancare circa 11 miliardi di contributo netto annuo che Londra, nonostante tutti gli sconti, garantiva al bilancio europeo. Secondo, l’Europa vuole finanziare nuove politiche e a farne le spese saranno i fondi di coesione e quelli agricoli. Nei prossimi mesi si capirà in quale misura.

Ieri la Commissione Ue ha pubblicato una prima proposta sulle prospettive finanziarie dell’Unione, anche se il testo definitivo sarà sfornato a maggio per passare poi ai governi. Bruxelles punta a chiudere il negoziato entro le elezioni europee del 2019, ma sarà dura. Intanto dal documento di ieri si capisce la direzione che prenderanno le trattative. Ad esempio, aumenterà la spesa per la sicurezza, in particolare per il controllo delle frontiere esterne. Tre gli scenari suggeriti: raddoppiare l'attuale spesa di 4 miliardi per sfruttare al massimo i sistemi di controllo esistenti, aumentarla a 20-25 miliardi per creare un vero sistema integrato di controllo o replicare i meccanismi di Usa e Canada con una spesa di 150 miliardi. Tra le nuove priorità anche la difesa e l’irrobustimento dell’Erasmus, che da 14 miliardi dovrebbe passare a un budget di 30, ma se ne ipotizzano anche 70. Stessa cifra prevista per il digitale, che con ricerca e innovazione arriverebbe a 160 miliardi.

Soldi da recuperare tagliando i fondi di coesione e la politica agricola. Per i fondi si ipotizzano tagli del 15 o del 30%: nel primo caso le regioni del Nord Italia non prenderebbero più denari Ue, un ammanco da più di 10 miliardi. Nel secondo anche il Mezzogiorno uscirebbe dai programmi europei, con una perdita totale per il Paese di oltre 40 miliardi. Per l’agricoltura le perdite sarebbero di circa 9 miliardi.

Il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, ha cercato di rassicurare affermando che "se vogliamo rispettare le nuove priorità dovremo fare tagli alle politiche agricole e di coesione, ma non sono a favore di tagli duri, radicali". Tuttavia lo scenario è

incerto. E nemmeno il fondo da 25 miliardi ipotizzato per aiutare i paesi che fanno le riforme sarebbe in grado di compensare le perdite per l’Italia, peraltro non l’unico Paese danneggiato dai tagli. C’è da scommettere che il negoziato tra leader sarà incandescente.
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