Commercio Ue, la Corte gela Bruxelles
17/05/2017 - Bruxelles - La Corte europea di Giustizia ha spiegato ieri in una attesa opinione che il trattato commerciale siglato con Singapore nel 2013 deve essere ratificato, non solo dal Consiglio e dal Parlamento, ma anche dai paesi membri. La decisione rischia di indebolire ulteriormente la competenza esclusiva della Commissione europea in campo commerciale, in un momento in cui Bruxelles sta cercando di rilanciare il libero-scambio contro nuove tendenze protezionistiche.
La magistratura comunitaria considera che i tribunali di arbitraggio inseriti nell’intesa con la città-stato, nuova caratteristica degli accordi commerciali più recenti, sono «una competenza condivisa tra Unione europea e Stati membri». Per questo motivo, secondo la Corte europea di Giustizia, l’intesa con Singapore è da considerare una intesa mista e richiede quindi il benestare anche dei Ventotto paesi membri, e non solo del Consiglio e del Parlamento.
La Corte si è allineata alla recente opinione dell’avvocato generale, anche se questi aveva stilato una più lunga lista di motivi per cui ritenere l’accordo con Singapore una intesa mista. La sentenza consolida una tendenza che si è fatta strada in questi anni. Il recente accordo di libero scambio con il Canada (CETA) è stato considerato un accordo misto dalla Commissione, pur di evitare rimostranze nazionali.
Il trattato è stato approvato dal Consiglio e dal Parlamento, ed è oggi in corso di ratifica a livello nazionale.
«La Commissione accoglie con favore l’opinione della Corte europea di Giustizia a proposito della divisione delle competenze tra l’Unione europea e i suoi paesi membri nel quadro dell’accordo commerciale con Singapore», ha detto in un comunicato il portavoce dell’esecutivo comunitario Margaritis Schinas.
Il presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker «aveva previsto questo risultato quando aveva deciso che il CETA sarebbe stato ratificato a livello nazionale».
Il portavoce ha poi aggiunto: «La Commissione valuterà e analizzerà con attenzione l’opinione della Corte, valutando quanto fare in futuro con il Consiglio e il Parlamento». La questione è politicamente delicata. I trattati commerciali, negoziati da Bruxelles in nome e per conto dei Ventotto, possono essere considerati europei, e quindi essere approvati solo dal Parlamento e dal Consiglio; oppure misti, e quindi con la necessità della singole ratifiche nazionali.
In un contesto in cui il libero commercio è sotto attacco in molti paesi, la stessa Commissione ha preferito considerare il CETA un accordo misto. L’opinione di ieri consolida questa tendenza. Il rischio, però, è di complicare l’iter di ratifica. Il CETA entrerà in vigore parzialmente nelle prossime settimane, quando il Canada avrà dato il suo benestare. La piena entrata in vigore sarà possibile solo quando le ratifiche nazionali saranno state concluse. Per ora, solo la Lettonia ha dato il suo benestare.
A titolo di esempio, l’accordo commerciale con la Corea del Sud è entrato in vigore in via provvisoria nel 2011, ma l’iter di ratifica dei Ventotto è stato completato solo quattro anni dopo. L’iter di ratifica di un accordo misto è assai lungo. Complice un iter tortuoso, molti osservatori si chiedono se la tendenza ad accordi misti non raffreddi il desiderio di paesi terzi a concludere intese con l’Unione, proprio mentre i Ventotto vogliono difendere il libero scambio contro le minacce protezionistiche.
Non per altro sempre ieri Guy Verhofstadt, il capogruppo liberale al Parlamento europeo, ha sostenuto che «le sezioni a competenza mista di un accordo» dovrebbero essere negoziate a parte dalla Commissione e dai paesi membri, pur di velocizzare l’iter di approvazione. Una ultima precisazione: l’accordo di uscita del Regno Unito dall’Unione, attualmente in discussione, è ritenuto un accordo europeo, mentre l’intesa sul futuro partenariato dovrebbe essere considerato un accordo misto.
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