Bruxelles sfida il dumping sociale
27/04/2017 - BRUXELLES- A dieci anni dalla più recente iniziativa in campo sociale, la Commissione europea ha presentato ieri un nuovo tentativo di armonizzare per quanto possibile le regole europee in questo settore. Il tema è politicamente delicato, non solo perché i Trattati lasciano mano libera ai Paesi membri, ma perché proprio previdenza, diritto del lavoro, pensioni e salari sono temi che hanno provocato negli ultimi anni gravi divisioni. I Paesi più ricchi hanno accusato l’Est di dumping sociale.
«Da presidente della Commissione, sto tentando di mettere i partner sociali al centro del lavoro europeo, là dove hanno ragione di essere. Con il nuovo pilastro dei diritti sociali (…) stiamo rispettando le nostre promesse e stiamo aprendo un nuovo capitolo», ha detto in un comunicato il presidente dell’esecutivo comunitario Jean-Claude Juncker. «Vogliamo scrivere questo capitolo insieme con i Paesi membri, le istituzioni comunitarie, i partner sociali e la società civile».
Due i principali documenti presentati dall’esecutivo comunitario. Il primo è una strategia da applicare a breve termine. Tra le altre cose, la Commissione vuole aprire un dibattito sulle nuove forme di occupazione. Attualmente i liberi professionisti sono il 15% degli occupati; il 20-25% delle persone ha occupazioni non standard. Bruxelles vuole quindi valutare insieme ai partner sociali come assicurare che «tutte le forme di occupazione abbiano un’adeguata protezione sociale».
Lo sguardo naturalmente corre alle nuove forme di lavoro nell’economia digitale o partecipativa, da Uber a Deliveroo. Secondo dati comunitari, attualmente l’assicurazione di disoccupazione non esiste in 10 Paesi dell’Unione; è obbligatoria in 12 Stati membri; ed è solo volontaria in sei Paesi. Tra le altre cose, la Commissione europea vuole fare sì che le persone non perdano i contributi previdenziali quando da lavoratore dipendente diventano libero professionista.
Inoltre, Bruxelles vuole introdurre regole minime per i congedi famigliari e parentali. Nel dettaglio, le proposte dell’esecutivo comunitario prevedono un congedo di dieci giorni al momento della nascita di un figlio; di quattro mesi dalla nascita all’età di 12 anni pagati con il salario che si percepisce in caso di malattia; di cinque giorni all’anno per accudire un parente ammalato; e infine la possibilità di ottenere soluzioni flessibili negli orari di lavoro fino a quando il figlio non compie 12 anni.
Dieci anni fa un europeo su 14 lavorava a distanza; oggi è uno su sei. Sempre dieci anni fa, 33 milioni di europei lavoravano a tempo parziale e 18,5 milioni avevano un contratto a tempo determinato; oggi sono rispettivamente 44 e 22 milioni. In un decennio gli europei che vivono e lavorano in un altro Paese dell’Unione sono raddoppiati a 16 milioni. «Molte persone hanno paura di essere vittime del cambiamento», ha notato la commissaria agli Affari sociali, Marianne Thyssen.
Il secondo documento pubblicato ieri è una lunga riflessione che deve servire ad alimentare le discussioni sul futuro dell’Unione in campo sociale da qui al 2025. Tre gli scenari tratteggiati da Bruxelles. Il primo è di limitare la politica sociale alla libera circolazione delle persone. Il secondo scenario prevede eventuali cooperazioni rafforzate tra i Paesi pronti a una crescente armonizzazione delle norme. Infine, il terzo scenario prevede che tutti i Ventisette decidano di perseguire una maggiore convergenza.
Come detto, il tema è delicato perché i Trattati attribuiscono ai Paesi membri molte delle competenze in questo settore. La Commissione ha la possibilità di proporre regolamentazioni minime. La questione del dumping sociale, che tanto preoccupa in particolare la società francese, ha permesso al Fronte Nazionale di raccogliere oltre il 20% dei voti al primo turno delle elezioni presidenziali. Tra gli altri, proprio in Francia la società di trasporto Uber è al centro di non pochi contenziosi legali.
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