Non solo Italia: nel mirino della Ue debito francese e scarsi investimenti tedeschi
23/02/2017 - Sono Francia e Germania - oltre all’Italia - i grandi Paesi Ue che restano sotto la lente della Commissione Ue, in quanto l’analisi dei loro conti rivela squilibri macroeconomici, l’una sul fronte del debito e della competitività, l’altra per la ben nota penuria di investimenti. Più grave nella visione dell’Esecutivo comunitario la posizione di Parigi, segnata da squilibri ritenuti «eccessivi», come quelli italiani. «In un contesto di scarsa crescita della produttività - si legge nel giudizio della Commissione - l’elevato debito pubblico e la competitività debole possono implicare rischi di rilevanza transfrontaliera».
A preoccupare è soprattutto il debito pubblico, che continua a crescere (secondo le stime dall’attuale 96,4% dovrebbe toccare il 97% del Pil nel 2018), seppure a un ritmo meno marcato, e pone seri dubbi sulla sua sostenibilità. «Vediamo dei progressi, grazie a un certo numero di riforme - ha dichiarato il commissario agli Affari economici, Pierre Moscovici - ma ne servono altri». In particolare, la Commissione sottolinea la necessità di ulteriori interventi per migliorare l’efficienza della spesa pubblica e la tassazione, riformare il salario minimo e migliorare il sistema scolastico e il clima per le imprese. Per quanto riguarda Berlino, la Commissione si limita a osservare che permane uno squilibrio (non «eccessivo»), legato al «persistente surplus delle partite correnti» che «riflette un eccesso di risparmi e investimenti deboli, sia nel settore pubblico che in quello privato» e ha «implicazioni sulle prospettive» dell’intera zona euro. È insomma il mantra ripetuto alla Germania da tutte le organizzazioni internazionali, Fmi in testa: aumentare gli investimenti, soprattutto pubblici. Sebbene infatti la Commissione riconosca che Berlino ha fatto dei passi avanti negli ultimi anni, gli investimenti in percentuale del Pil restano bassi, al contrario del surplus, che continua a crescere ed è passato dall’8,5% del Pil del 2015 all’8,7 per cento. La conclusione è dunque un invito a rafforzare ulteriormente gli investimenti, riformare il settore dei servizi, migliorare l’efficienza del sistema di tassazione.
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