Raggi indagata ma non scaricata. Come i 5s hanno preparato il paracadute per il sindaco di Roma
25/01/2017 - Sono stati giorni di vertici, incontri, riunioni. Veri e propri gabinetti di guerra per capire come gestire la cosa, dal punto di vista politico e comunicativo. Virginia Raggi, tutto il suo entourage e tutto il Movimento 5 stelle capitolino e nazionale, sapevano che a giorni sarebbe arrivata la notizia d’indagine sul collo della prima cittadina. Per questo, quando la Procura si è mossa, tutto era preparato. Abuso d’ufficio e falso in atto pubblico sono i reati contestati.
Imputazioni pesanti, soprattutto da chi ha fatto della diversità morale la propria cifra di governo. Per questo motivo evitare territori scivolosi, buchi comunicativi causati da pressappochismo e impreparazione, è stata la bussola di queste ultime due settimane. Raggi ha riunito il giro più stretto, in costante contatto con i dioscuri nazionali che coadiuvano il Campidoglio, i deputati Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro.
Al centro di tutti i colloqui la gestione di una notizia che il cui controllo era al di fuori della disponibilità stellata. La direttrice è stata una: evitare il pastrocchio del caso Muraro. Quel groviglio di mail male interpretate, mezzi silenzi e verità monche, che si è appiccicato per mesi sulla giacca del sindaco e del suo assessore. Di conseguenza la strada scelta era inevitabile: comunicare tutto e subito. Tanto al quartier generale milanese quanto più ai cittadini romani.
Così, poco prima di cena, ecco comparire il post su Facebook: “Oggi mi è giunto un invito a comparire dalla Procura di Roma [il prossimo 30 gennaio, ndr] nell’ambito della vicenda relativa alla nomina di Renato Marra a direttore del dipartimento Turismo che, come è noto, è già stata revocata. Ho informato Beppe Grillo e adempiuto al dovere di informazione previsto dal Codice di comportamento del MoVimento 5 Stelle”.
Poche righe dalle quali viene furbescamente spuntata la parola “indagata”; nelle quali si parla della revoca di Marra Jr. come se fosse elemento di per sé sufficiente a smontare il lavoro dei magistrati che indagano; e in cui ben si sottolinea da un lato la telefonata al fondatore (Pizzarotti quel numero non lo fece squillare, e a questo s’aggrapparono per metterlo in naftalina), dall’altro il rispetto delle procedure codici stellati alla mano.
Il sindaco è sotto inchiesta per aver detto alla responsabile anticorruzione del Comune Mariarosa Turchi di aver deciso da sola sulla nomina di Marra Jr (l’ipotesi di falso), nel merito della quale sarebbe invece intervenuto anche il fratello Raffaele. Quanto all'ipotesi di abuso d'ufficio, la sindaca non avrebbe effettuato una comparazione valutativa dei curricula, procedendo a valutazioni parziali sempre sotto l’occhio vigile dell’ex capo di Gabinetto (l’abuso d’ufficio), indagato anch’egli con lo stesso capo d’accusa.
Le ipotesi di reato sulle quali sarebbe arrivata la comunicazione della magistratura erano note da tempo. E forse il sedimentarsi di quella consapevolezza tra i corridoi di Palazzo Senatorio ha contribuito a disinnescare lo psicodramma, genere su cui si sono cimentati poco volentieri ma con molto profitto i grillini capitolino ogni qual volta in questi mesi sono stati travolti da una bufera mediatico/giudiziaria. Casi che ormai non bastano le dita di due mani per essere contati.
L’area che ruota attorno a Marcello De Vito, la vera controparte romana della Raggi - e che, per la proprietà transitiva delle cordate politiche, in ultimo fa capo a Roberta Lombardi - lascia trasparire un certo nervosismo, ma sembra aver riposto nel cassetto gli strali d’altri tempi. Una fonte di primo livello imputa al sindaco e al suo entourage la colpa del sostanziale immobilismo dell’amministrazione: “Ogni volta che iniziamo a lavorare sui temi concreti, ecco che spunta l’ennesima grana legata alle nomine o a vicende giudiziarie”. Ma aggiunge anche significativamente: “Il clima è cambiato, Virginia dopo gli ultimi fatti ha capito la lezione, e questa volta la gestirà bene”. De Vito in chiaro detta la linea: “Al sindaco va tutto il mio sostegno e quello dei portavoce comunali del M5s. Governare Roma è un'impresa, la sindaca ce la sta mettendo tutta, e siamo certi che abbia sempre operato avendo come unica bussola l'interesse dei cittadini romani”.
Lo stesso Grillo aveva preparato la strada, con il Codice di comportamento pubblicato una ventina di giorni fa. Che eliminava l’equivalenza tra indagine/condanna politica, e da molti è stato letto come un vero e proprio “salva Raggi”. E a qualcosa è servito il paziente lavorio di Fraccaro e Bonafede, in costante via vai tra Montecitorio e il Comune, al fianco del sindaco anche nelle ore della comunicazione della Procura.
Certo, la ricostruzione di un rapporto fiduciario è lontana dall’essere giunta al di sotto della soglia d’attenzione. I molti critici non hanno perdonato alla prima cittadina il “è uno dei 23mila funzionari del Comune” tributato all’onnipotente Marra. E insistono con la richiesta di pubblicare (almeno a uso interno) il contenuto delle chat dei “quattro amici”, perché “siamo stufi di venire a sapere le cose dai giornali”.
Nessuno, a nessun livello, ha interesse a scaricare il sindaco in questo momento. La gestione dell’indagine a suo carico, anzi, potrebbe essere l’occasione per ricostruire un rapporto con le varie anime che le si oppongono, e di rilanciare la sua azione di governo. Un’operazione alla portata, ma comunque molto complessa. Il filo che la lega ai vertici del Movimento rimane ancora molto sottile.
In rilievo
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