Ue, Antonio Tajani è il nuovo presidente dell’Europarlamento
18/01/2017 - STRASBURGO - Si è conclusa a tarda ora l'elezione di un nuovo presidente del Parlamento europeo. Dopo quasi 40 anni, un italiano, il popolare Antonio Tajani, tornerà a guidare per i prossimi due anni e mezzo l'assemblea parlamentare. L'elezione è giunta dopo una giornata confusa, segnata da quattro scrutini e da grande incertezza. Le forze politiche si sono presentate al voto profondamente divise, tanto che la stessa stabilità della Commissione europea è oggi in forse.
“E' stato un confronto democratico – ha spiegato Tajani in aula a Strasburgo appena eletto dai suoi pari –. Sarò il presidente di tutti, rispetterò tutti i deputati, tutti i gruppi. Potete contare sulla mia totale disponibilità”. Nella sua prima presa di posizione da presidente, Tajani ha poi voluto lanciare “un messaggio forte”, ricordando sia le vittime del recente terremoto in Italia, spesso ancora in alloggi di fortuna nonostante il freddo invernale, sia le vittime del terrorismo in tutti i paesi.
L'elezione di Tajani, 63 anni, è stata la conclusione di una lunga partita elettorale. La nomina del presidente del Parlamento europeo segue un iter particolarmente complicato. Nei primi tre scrutini vince il candidato che raccoglie la maggioranza assoluta dei voti espressi e validi. Alla quarta tornata, si presentano al ballottaggio i due più votati nello scrutinio precedente. Dopo tre scrutini inconcludenti, l'elezione è avvenuta quindi alla quarta votazione.
Ad affrontare Tajani è stato il socialista Gianni Pittella. Tajani è stato eletto con 351 voti, mentre a Pittella sono andati 282 voti. Dietro all'aridità delle cifre si nascondono non poche tensioni politiche. L'assemblea parlamentare si è presentata divisa al voto. Oltre al popolare Tajani e al socialista Pittella, tra i candidati c'erano anche Eleonora Forenza, della sinistra radicale; Laurentiu Rebega, del gruppo euroscettico di Marine Le Pen; Helga Stevens del gruppo conservatore; e la verde Jean Lambert.
Il primo colpo di scena è avvenuto al mattino presto qui a Strasburgo, quando i popolari e i liberali hanno annunciato di avere concluso una inattesa alleanza politica. Di conseguenza, il capogruppo liberale Guy Verhofstadt ha deciso di ritirare la sua candidatura per fare spazio allo stesso Tajani. La mossa ha consentito a quest'ultimo di godere dei voti dei deputati liberali, ottenendo quasi 300 suffragi nel corso dei primi tre scrutini.
Nell'annunciare il loro accordo, i popolari e i liberali hanno spiegato di voler formare “una coalizione pro-europea per riformare l'Europa”. Tra le altre cose i due partiti vogliono lavorare insieme per riformare il governo della zona euro così come il bilancio comunitario, ampliando le risorse proprie dell'Unione, sulla base di un rapporto messo a punto da un gruppo presieduto da Mario Monti. Intendono in questo senso creare un “dialogo strutturato” con la Commissione europea.
Per tutta la giornata, tuttavia, non si sono segnalati altri significativi spostamenti di voti da un gruppo all'altro, o da un candidato all'altro, tanto che un ballottaggio si è rivelato necessario, una novità rispetto alle elezioni più recenti. La divisione del Parlamento europeo preoccupa per il futuro lavoro della stessa Commissione europea che ha potuto godere in questi anni a Strasburgo dell'appoggio di una grande coalizione socialista-popolare.
Non solo la solida maggioranza in appoggio all'esecutivo comunitario appare oggi inesistente, ma la stessa scelta socialista di puntare alla presidenza del Parlamento europeo per evitare che le tre principali istituzioni comunitarie fossero guidate dal centro-destra è fallita. La divisione dell'assemblea parlamentare è stata attribuita da molti deputati alle vicissitudini nazionali, e alle accese campagne elettorali nei vari paesi dell'Unione, mentre i partiti anti-sistema guadagnano peso.
In rilievo
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