Consiglio Bce diviso sull’estensione del Qe
12/01/2017 - FRANCOFORTE – Un consiglio della Banca centrale europea diviso ha optato il mese scorso per allungare lo stimolo monetario per 9 mesi, seppure per importi ridotti, per far fronte alla possibile turbolenza derivante quest'anno da shock politici. Il resoconto della riunione di dicembre ha rivelato che i 25 membri del consiglio hanno alla fine deciso di restare presenti sui mercati obbligazionari in un anno in cui «potrebbe facilmente emergere volatilità, collegata soprattutto a shock generati dalla situazione politica».
Nel 2017 si terranno nell'eurozona elezioni in Francia, Olanda e Germania e sono ancora incerte le conseguenze economiche delle sorprese elettorali dello scorso anno, il voto britannico a favore di Brexit e la vittoria di Donald Trump alle presidenziali negli Stati Uniti. Il consiglio non ha raggiunto l'unanimità e dalle minute trapela una discussione piuttosto animata.
Anche se in larga parte ha condiviso la valutazione secondo cui «lo scenario di un graduale miglioramento dell'inflazione dipende tuttora, in misura considerevole, dal sostegno della politica monetaria accomodante», sono emerse divergenze sulle due opzioni presentate dal capo economista Peter Praet: l'estensione, rispetto alla scadenza originaria di marzo 2017, del programma di acquisto titoli (il Qe) per sei mesi a 80 miliardi di euro mensili o per nove mesi a 60 miliardi. Alla fine, ha prevalso la seconda ipotesi, ma qualche consigliere aveva suggerito anche di prolungare il Qe di 12 mesi, mentre altri erano a favore di 60 miliardi per sei mesi. Una minoranza, di cui è noto che fa parte il presidente della Bundesbank, Jens Weidmann, non ha sostenuto nessuna delle due opzioni, alla luce del proprio «ben noto scetticismo» sul Qe.
La decisione finale, osservano le minute, che come sempre vengono diffuse sei settimane dopo la riunione, “è stata vista come il raggiungimento dell'equilibrio fra fornire un segnale di fiducia e la necessità di mantenere la stabilità in un ambiente incerto, e al tempo stesso ha il chiaro merito in termini di flessibilità di rispondere a circostanze avverse e salvaguardare la fattibilità operativa”. Nei mesi scorsi si erano diffusi timori, che, al ritmo di 80 miliardi di euro al mese, la Bce potesse trovarsi già nel corso del 2017 a corto di bond da acquistare, soprattutto tedeschi.
Dopo la riunione di dicembre, l'inflazione nell'eurozona ha registrato una accelerazione all'1,1%, per effetto soprattutto dell'aumento del prezzo del petrolio, ma l'inflazione di base, depurata dei componenti più volatili, come appunto energia e alimentari, resta quasi piatta, al di sotto dell'1 percento. L'obiettivo della Bce è di stare «sotto, ma vicino al 2%» e, secondo le previsioni degli economisti della banca, non ci si avvicinerà prima del 2019. Questo ha provocato, soprattutto in Germania, nuovi appelli a una politica monetaria meno accomodante e a un'uscita dal Qe, ma alla riunione della prossima settimana il consiglio con ogni probabilità non procederà a nuove modifiche. Anche un consigliere abitualmente annoverato fra i “falchi” come Yves Mersch ha osservato nei giorni scorsi che la Bce non reagisce a singoli dati mensili «a meno che non ci sia qualche elemento che invalida tremendamente le nostre proiezioni».
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